di GIORGIA VENERANDI. Mi sono posta un obiettivo. Quello di riportare un po’ di razionalità nei cuori infranti. Nei cuori in pena. Consegnandovi una rilettura, in chiave 4.0, oggettiva e lucida, dei vostri sentimenti. Dei nostri sentimenti. Di quei sentimenti consegnati nelle mani sbagliate, ma che noi vedevamo come le uniche capaci di sostenerlo. Liberarvi dalla dipendenza da un’emozione che, come è facile che sia, quella razionalità la toglie. Ed invece quel lume della ragione ci serve. Eccome se ci serve! Guai a perderlo.
Perché l'epoca di Via col vento, ma anche del più moderno Ufficiale e Gentiluomo, è finita. Oggi siamo nell’era del dating, del mordi e fuggi e soprattutto dell'avanti il prossimo. Senza pietà. E noi che amiamo siamo anacronistiche, preziose ma fuori tempo. Proviamo sentimenti, tutto passa per il cuore. I ragionamenti in quelle circostanze ci rimangono ostici. Perché non il nostro "lui" o "lei", ma l’idea e il bisogno che abbiamo dell’amore sono spesso più forti della ragione. E ci annebbia. L’amore ci induce a fare cose che mai ci saremmo immaginate di fare. A vedere cose che hanno il sapore dei nostri sogni e dei nostri bisogni, più che della realtà.
Ci ubriaca, come una bella bottiglia di vino, ma non uno qualunque, un bell’Amarone da 15 gradi. Il punto è che la bottiglia poi finisce, l’amore invece no, se è vero continua, non ce l’ha l’ultima goccia, non ce l’ha mai. L’amore è comunque per sempre, anche se non lo sarà piú. Si nutre, si rigenera, si trasforma. Amore non fa rima con dolore. Fa rima con fiore, con cuore, con sesso in ascensore. Ma con dolore proprio no.
E se è dolore quello che ci attanaglia, è il momento di ripartire proprio da quello, di fare chiarezza, perché non stiamo penando per amore. Stiamo penando per qualche altro motivo, magari sepolto dentro di noi dalla notte dei tempi, ma non per amore. Una madre invadente o assente, un padre autoritario o troppo distratto, un evento emotivamente significativo della nostra adolescenza, che fatichiamo a lasciarci alle spalle. Anzi ci ripiomba addosso come un macigno ogni volta che proviamo a metterci in gioco. Domandiamoci cosa stavamo cercando in quel sentimento, cosa volevamo realmente appagare. Che legate a doppio filo da questi nodi del passato, rischiamo di fare idiozie, di vedere ovunque “quello più bello che problemi non ha".
Ecco, al netto del fatto che tutti hanno problemi, anzi, un sacco di problemi - c'ė chi cerca una mamma, chi la tigre del ribaltabile, chi una badante, chi una cuoca che cucini il Mammut che da bravo maschio, convinto pure di essere un Alfa, ha riportato a casa, alla Neanderthal maniera – non è sbagliato fare idiozie, per carità. Capita. Lo è, invece, la smisurata intensità che diamo a quel sentimento unidirezionale che abbiamo provato, o meglio mi correggo, che abbiamo creato. Perché noi nella creazione siamo maestre, diciamocelo pure, del resto siamo state progettate per creare.
Ma arrivare a fare del "niente mischiato col nulla" la nostra favola d'amore, forse c'è sfuggita un po' la mano. Allora l'obiettivo è di depotenziare quel sentimento fotonico, dalla spinta così propulsiva, da fare invidia persino a Mazinga Z. Ristrutturarlo. Dargli il giusto nome. Che certamente non è amore.
Ed è faticoso lo so. Perché noi siamo così, amiamo, amiamo tanto, amiamo troppo, amiamo incondizionatamente. Con il nostro spirito da crocerossine vogliamo salvare tutti gli uomini che capitano sul nostro cammino, guarda caso, esattamente nel momento in cui ne abbiamo più bisogno. Non voglia. Bisogno. Perché questa è la fregatura. Il bisogno. Se gli hai concesso tanto spazio, nonostante il dolore che ti ha procurato, era perché ne avevi bisogno, non perché ne eri innamorata.
Per “n” motivi. La solitudine. La noia. La crisi ormonale dei 40 anni. Il desiderio di provare emozioni dimenticate per sentirti viva. Un matrimonio che fa acqua da qualche parte. Un compagno rimasto dietro di te anni luce, perché tu non hai mai smesso di evolverti, di migliorarti, e lui, invece, ha preferito le sabbie mobili. Potrei andare avanti all'infinito. Amore e bisogno non vanno a braccetto. L'amore non ti cura, né ti completa. Intera lo sei già. L’amore ti accompagna, ti sostiene, ti aspetta, ti rispetta. L’amore non ha spazi vuoti da riempire, ha spazi da condividere. L'amore si fida e di lui ti puoi fidare. Tutto il resto è mera illusione, proiezione in tridimensione delle nostre necessità che cercano soddisfazione. Visualizzazioni allo stato puro.
È così che finiamo per accontentarci. Di una parola. Di una telefonata. Di un messaggio. Di una promessa. E peggio ancora di un like su Facebook o di un cuore su Instagram. Di una notte di sesso, che solo tu hai profumato di amore. Perché a quel "lui" dall’ego espanso, che anela al Suv giusto per parcheggiare un po' di quello strabordante ego, a quel "lui" che tu hai deciso di mitizzare a dovere, di quell’amore non gli importava proprio nulla o meglio, gli importava solo riceverlo.
Perché a prendere siamo tutti bravi, è chi è capace a dare che fa la differenza. E no, lui la differenza non la faceva. E sì, noi ci siamo incaponite, volevamo aprire proprio l'unica nocciolina che non si apriva, quando la ciotola è piena di noccioline aperte.
E lo so che è difficile ammettere di avere scambiato per un potenziale Top Gun un banale Masturbatore da Tastiera o uno squallido Copulatore Coatto. Vi capisco. È complicatissimo ammetterlo. Per questo faccio appello alla vostra razionalità. Perché se vi estraniate per un attimo e provate a rivedere il vostro personalissimo film dalla platea, da spettatrici, anziché da protagoniste, forse forse… ce la facciamo. E il permesso di farci del male non glielo diamo. Cascasse il mondo, quel mondo che per un momento abbiamo pensato di donargli, no, il permesso non glielo diamo più. Allora, regaliamoci una gioia, ridimensioniamolo.
Perché non era poi così bello, se il taglio dei capelli a zero non era frutto di una scelta emulativa dell'indiscusso fascino di Vin Diesel, quanto piuttosto un atto di sottomissione nei confronti di una impietosa calvizie precoce, che gli è valsa, al più, la triste somiglianza con Telly Savalas “de Noantri”. Non era poi così alto, se eravamo costrette a non poter mettere i tacchi, a meno di non voler rischiare di fare "il secchio e l'olivaro", come si dice a Roma – dove ovviamente il secchio era lui. Tanto meno stiloso nei suoi vestiti, se poi trovava l’estremo coraggio di mettere quell'assurda camicetta con le maniche corte in pieno inverno, perché qualcuno gli aveva detto che il bicipite che esplode oltre la stoffa fa maschio. O peggio, i pantaloni del completo aderenti come i fuseaux di Baryshnikov nella “morte del cigno".
Perché non era "bello e impossibile", era solo inutile da raggiungere. Noi lo volevamo vedere così, ne avevamo bisogno. Innamorate come siamo dell'amore, della nostra idea di amore. E così abbiamo perso di vista la realtà. Abbiamo amato il "niente mischiato col nulla", mix perfetto di narcisismo, vigliaccheria ed immaturità. Se amano non desiderano e se desiderano non possono amare, direbbe Freud.
Sono quelli che oggi ci sono e domani… dileguossi. Nel nulla, evaporano nello stesso nulla di cui sono fatti e dal quale sono arrivati. Sono quelli che se ne vanno con un sms o che, giusto per lavarsi la coscienza, riescono a farfugliare qualcosa al telefono, qualcosa che più o meno suona così “Non sei tu, sono io…tu sei perfetta, sono io che sono sbagliato". E su questo mi trovano pure d'accordo. Tanto per cominciare mancano gli attributi, i cabbasisi per dirla con Montalbano, i coglioni di guardarci in faccia, negli occhi e prendersi tutte le loro responsabilità. Ergo "abili nel rispondere alla vita". Che già li riqualificherebbe in qualche misura. Che il vero maschio Alfa – e ce ne sono, giuro che ce ne sono, rari ma ce ne sono – è Alfa nella vita, è Alfa nel suo modo di gestire le relazioni, i rapporti umani. Non lo è solo nel letto, quello è uno scop*tore seriale da quattro soldi.
E così abbiamo perso di vista l'essenziale. Abbiamo perso di vista noi. Perché va a finire che le uniche con l’Alfa che, a ragione, definisce il genere, siamo solo noi. Che non abbiamo paura di amare, di consegnarci, di donare e di donarci. Noi che coniughiamo perfettamente dolcezza e sensualità, raffinatezza ed erotismo e amore in tutte le sue declinazioni. Noi che abbiamo fatto della gratitudine, dell'altruismo e della condivisione uno stile di vita. Noi che siamo coscienti del fatto che se non seduce prima la nostra mente, non potrà mai arrivare al nostro punto "g". Eppure ci siamo accontentate. Per soddisfare un fottutissimo bisogno che ha radici chissà dove. E ci rimuginiamo pure sopra al come poteva essere e non è stato.
Ma vi do una notizia: non poteva essere nient'altro, altrimenti lo sarebbe stato. E non dobbiamo dargli il permesso di continuare ad affittare la nostra mente. Non è sua, è nostra. E lui non è un buon inquilino, ci appesantisce le giornate, in realtà, ci zavorra.
E se non vuole stare nella nostra mente per sollevarci, per elevarci ed elevarsi con noi, ma solo per farla da padrone, abbiamo il dovere e tutte le risorse necessarie per togliergli quel diritto. Perché se non sa tenerci testa, non può tenerci i fianchi. Gli uomini si dividono in due categorie, non dimentichiamocelo mai, c'ė chi dice di volerti bene e poi… c'è chi lo fa veramente.
E noi ci meritiamo solo questi ultimi.
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